(di Elisabetta Stefanelli) – ROMA, 29 APR – “Mi considero un intellettuale (anche se la parola è ormai alquanto screditata) che tenta di leggere la realtà attraverso il filtro dell’intelligenza, che non crede nelle verità rivelate e dunque antepone il dubbio alle certezze.
Da buon Capricorno, sono schivo, poco cerimonioso, di parco eloquio. Credo di essere leale, fedele alle amicizie, tenace nei sentimenti. Non tollero gli stupidi, anche perché sono pericolosi”. Così Giuseppe Neri, per gli amici (tanti) Peppino, si descriveva efficacemente in un’intervista del 2003 ad Armando Adolgiso in occasione dell’uscita del suo romanzo Il sole dell’avvenire. Un romanzo corale ambientato negli anni ’20 evocato in questi giorni dal titolo dell’ultimo film di Nanni Moretti, che con il libro non ha nulla a che fare ovviamente tranne nel riecheggiare le parole della prima canzone partigiana Fischia il vento.
Ha a che fare con Giuseppe Neri, invece, un bel convegno (curato con amore dal figlio Francesco Neri) che si svolgerà venerdì 12 maggio a Cassino (Palazzo della Cultura ore 17.30) e che vuole ricordarlo come “un innovatore dell’informazione radiofonica della Rai”, e tale del resto è stato. Ma anche molto di più. Era nato a Sant’Apollinare (Fr) il 27 dicembre del 1936 ed è scomparso a Roma, sua città d’adozione, a 79 anni il 4 marzo del 2015. Ora proprio nei dintorni di Cassino (di cui a volte ricordava i terribili bombardamenti che la distrussero) e nei vicoli del suo piccolo paese – come amava raccontare – nacque la passione per la letteratura e la politica che per lui procedevano a braccetto in una tutta sua inesauribile esplorazione della realtà. Da giovanissimo iniziò a collaborare con Il Mondo di Pannunzio, esperienza formativa che lo portò poi successivamente a Tempo Presente, Nord e Sud, e ad esercitare la sua scrittura come critico letterario del Messaggero di Roma. Ma Neri ha svolto un fondamentale ruolo nella storia della radiofonia italiana, in Radio Rai, dove creò programmi come Il Paginone, una vera e propria terza pagina radiofonica che ha condotto per oltre 15 anni. Da lì nacque poi Lampi. Punti di riferimento per il mondo intellettuale di allora, che prestava il fianco alle sue domande puntute, avvolte in una nube di fumo dell’inseparabile toscano. In Rai, dove era entrato nel 1976 come programmista-regista, ha poi diretto il settore cultura delle tre reti radiofoniche dal 1988 al 2000.
“Sono un ostinato ottimista o mi fa velo la lunga frequentazione avuta con questo medium, ma penso che la radio ha ancora un ruolo, una funzione primaria nel settore dei mezzi della comunicazione di massa. La parola, il suono che apparentemente nascono dal nulla e lievitano nello spazio, hanno una suggestione che nessun altro mezzo potrà mai raggiungere. La forza della radio risiede nella sua cecità, come scrisse con grande intuizione, un pioniere di queste cose: Rudolf Arnheim.
Quasi ciclicamente si parla della crisi della radio, ma anche della crisi del libro: però l’una e l’altro sono insostituibili perché soddisfano esigenze primarie dell’uomo che non possono essere colmate dagli altri media”. Lui certo non era cieco e il suo sguardo di straordinaria lucidità si ritrova nelle belle interviste pubblicate nel 1987 per Rusconi, con il titolo Verso il terzo millennio, a 25 filosofi e scienziati. Ma è stato anche scrittore. Il suo primo romanzo fu L’uccello di Chagall del 1983, finalista al Premio Viareggio Opera prima, cui seguirono la raccolta di racconti L’ultima dogana, 1990, Premio Selezione Campiello, Bolero, 1999 e appunto Il Sole dell’avvenire nel 2003.
“Ho sempre pensato e sostenuto che la scrittura è l’elemento più importante in una costruzione letteraria. E’ la scrittura che invera e legittima ogni narrazione. Ne Il sole dell’avvenire, sia la materia sia la natura dei personaggi mi hanno consentito di spingere più avanti la mia ricerca linguistica sul versante dell’espressionismo, mi hanno permesso degli innesti lessicali, dei recuperi dialettali, delle sprezzature di stile e tutto questo lavorio ha lo scopo di vivificare, di rinsanguare, di conferire nuovo vigore espressivo alla trama di una lingua resa sempre più inerte e inespressiva dall’uso, spesso sconsiderato, che ne fanno i mass-media”.
A ricordarlo a Cassino saranno, tra gli altri, Stefano Bellucci, Marcello Carlino, Paola Tagliolini, Fiorenza Taricone, dopo il saluto delle istituzioni e le conclusioni affidate invece al figlio Francesco Neri e a Mena di Cicco che leggerà alcuni brani delle sue opere. .