Racconta “tutto quello di cui su Giovanni Falcone si è spesso taciuto” il podcast di Roberto Saviano ‘Chi chiamerò a difendermi. Giovanni Falcone, la Vita’ (Audible), presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino, che sarà disponibile dal 23 maggio nell’anniversario della Strage di Capaci.
Nel podcast “c’è l’odio che i suoi colleghi avevano nei suoi confronti, non tutti ovviamente, ma la gran parte. L’isolamento in cui è finito. Tutti aspetti che vengono raccontati ma molto lateralmente. Falcone viene sempre celebrato per il coraggio, il suo martirio. Volevo mostrare anche un uomo molto ingenuo” dice all’ANSA Saviano al suo arrivo a Torino.
“Sembra strano perché Falcone aveva una tale genialità e competenza sui suoi temi che lo rendevano un uomo scaltrissimo, furbo, in grado di smontare e capire uno dei poteri più nascosti e inaccessibili della storia. Come può un uomo così essere ingenuo? Eppure lo era. Nella sua carriera, per esempio, ogni volta si fa fregare, ci crede, come un ragazzino. Questa cosa era molto difficile dirla a pochi anni di distanza da Capaci.
Oggi abbiamo una distanza che ci permette di capire anche questa purezza ingenua. Falcone era persuaso che se in fondo fai bene le cose, un riconoscimento lo hai” sottolinea Saviano protagonista di una presentazione immersiva. Lo scrittore parla al microfono che si usa quando si registra un podcast e le persone lo ascoltano in cuffia. “È la prima volta che leggo in presenza un podcast. E’ emozionate perché parli nell’orecchio alle persone” spiega. I dieci episodi da quaranta minuti in cui Saviano ci guida nella vita di Falcone sono arricchiti dalle testimonianze delle voci di chi gli è stato più vicino tra cui quelle di Antonio Vassallo, Giuseppe Costanza, Giuseppe Di lello, Leonardo Guarnotta, Leoluca Orlando , Giuseppe Ayala, Claudio Martelli e Pietro Grasso.
“Gli uomini del pool antimafia e ho scelto innanzitutto Guarnotta, hanno cambiato per sempre la storia dell’umanità perché hanno dimostrato con i fatti e le sentenze che la mafia esisteva. Prima di loro tutti, compresi anche importanti intellettuali e giornalisti, dicevano ‘ma è un fenomeno culturale. Non puoi arrestare fenomeni culturali, dare l’ergastolo all’arretratezza o all’omertà. Hanno dimostrato che si trattava di una avanguardia economica dentro una dinamica ancestrale” racconta Saviano. “C’è un’intervista con Claudio Martelli che racconta di quando ci fu un attentato alla sua villa a Roma. Falcone arriva sul posto e gli dice: ‘questo non è un attentato, è una intimidazione e difronte alla faccia quasi sconfortata di Martelli aggiunge: ‘Se ti comporti così poi l’attentato te lo fanno’. Questo mostra come Falcone fosse profondamente istrionico anche nelle battute” dice. “Spesso le commemorazioni sono soltanto pura retorica, esercizio. Oggi, se la forza politica non può negare l’esistenza del potere criminale è grazie al pool antimafia. Dopodiché è finita, ormai l’antimafia è relegata al margine, tutti i politici si considerano antimafiosi, compresi quelli mafiosi. Antimafia non significa più niente, è una parola vuota e infatti la valutazione va fatta sui comportamenti” afferma Saviano.
Lo scrittore ricorda “che recentemente, in queste settimane e mesi, sono stati condannati in via definitiva l’ex sottosegretario Nicola Cosentino. Mai nella storia della Repubblica vertici dello Stato sono stati condannati in via definitiva, mai. Su questo non c’è stato dibattito. La premier Meloni non ha mai risposto su Cosentino, anzi nessuno gli ha mai fatto una domanda. Era al governo con Cosentino, mi sembra fosse ministro della Gioventù. La Meloni riesce anche a proteggersi dalle domande, incredibile” sottolinea lo scrittore al suo terzo podcast originale, sempre con Audible.
Il messaggio che vuole mandare ai giovani è di “studiare e approfondire perché capire è l’inizio di tutto. Non sono dinamiche facili. E poi di tenere gli occhi aperti”.