Ci lascia all’età di 99 anni Raffaele La Capria, lo scrittore considerato una delle più importanti voci della letteratura italiana del secondo Novecento.
Originario di Napoli, città a cui rimase sempre legato, anche e soprattutto attraverso i suoi scritti, viveva a Roma dal 1950, dove lavorava anche come giornalista per testate come Il Mondo, Tempo presente e il Corriere della Sera. Dal 1990 era codirettore della rivista letteraria Nuovi Argomenti.
Celebre firma di grandi opere come Ferito a morte (Mondadori), romanzo dedicato a Napoli con il quale si aggiudicò il Premio Strega nel 1961, ottenne nel corso della sua vita diversi illustri riconoscimenti, tra cui il Premio Campiello, il Premio Chiara, il Premio Viareggio, il Premio Alabarda d’oro e il Premio Brancati.
Tra i suoi numerosi libri ricordiamo Un giorno d’impazienza, Amore e psiche, La neve del Vesuvio, L’amorosa inchiesta; L’occhio di Napoli, La mosca nella bottiglia, Napolitan Graffiti e Lo stile dell’anatra.
In un’intervista del 2022 all’Huffingtonpost, aveva parlato di come, allora 98enne, affrontava la pandemia: “Più che un vecchio, mi sento un adolescente invecchiato di colpo. A cosa servirebbe aver paura, ormai. Quando si supera una certa età, e io temo di averla superata da un pezzo, si vivono tutte le cose come dall’esterno, da un punto di osservazione privilegiato perché gli eventi non ti coinvolgono più direttamente e, allora, puoi studiarli, confrontarli, metterli in prospettiva. Dunque, questa pandemia la vivo dal mio punto lontano di osservazione, punto dal quale mi auguro che l’umanità metta in atto due delle sue caratteristiche migliori: quella di apprendere dal passato e quella di apprendere dal presente”.
Quanto al suo rapporto con la sua città d’origine, aveva spiegato: “Napoli è una città che incide sui suoi abitanti. Chi nasce a Napoli non passa indenne. Ancora oggi, sono considerato uno scrittore napoletano, anche se, da molti anni, la guardo da lontano, e anche criticamente – non sono mai stato un napoletano che accetta la sua napoletanità come un dono del cielo“.