Quando Marcel Proust era un’adolescente, una sua cara amica, Antoinette Faure, gli fece fare un gioco che gli piacque molto: in un album inglese che lei aveva, una sorta di diario in cui annotare ricordi, era incluso un questionario che proponeva domande varie e apparentemente superficiali, ma di quel genere che costringe a guardarsi dentro per trovare una risposta.
È un questionario sui gusti e sulle ispirazioni; sulla percezione di sé e degli altri. Di copie compilate per mano di Proust, ne è stata trovata più d’una, e sono quasi istantanee di momenti diversi della sua vita, di differenti fasi del suo carattere – del resto, cosa c’è di più proustiano della consapevolezza che i nostri io continuamente cambiano, muoiono e rinascono in nuove forme?
Questa serie scherzosa di domande divenne, nel tempo, un vero standard d’intervista. Potete usarlo come interrogatorio per potenziali amici o amanti, come gioco da fare a cena, come schema per costruire un personaggio. Come molti giochi, come tutti i giochi intelligenti, è molto più profondo di quanto saremmo portati a credere.