Pietro Citati è morto a 92 anni. Scrittore e critico, è stato per anni firma delle pagine culturali di Repubblica. Una volta raccontò allo storico caporedattore Paolo Mauri di aver calcolato che tutti i suoi saggi e articoli occupavano lo stesso spazio della “Comédie humaine” di Balzac, “conclusione che mi ha coperto di rossore e di vergogna”, disse.
Citati nasce a Firenze il 20 febbraio 1930, ma si trasferisce presto con la famiglia a Torino e poi in Liguria. Completa gli studi in Lettere Moderne alla Normale di Pisa. Sin dagli anni Cinquanta affronta gran parte dei capolavori della letteratura mondiale, da Omero a Proust, passando per Cervantes, Goethe, Kafka, Leopardi, Manzoni, Tolstoj.
In lui, che inizia a collaborare alla rivista Paragone fondata da Roberto Longhi, ci sono già tutti gli elementi che lo porteranno a diventare un grande narratore di storie e di donne e uomini straordinari nella letteratura. Nel ’52 pubblica sul Journal de Jenève una recensione ai Ventitre giorni della città di Alba di Beppe Fenoglio ed è proprio Citati a trattare con Fenoglio per il passaggio da Garzanti. Qualche anno dopo diventa il critico letterario del Giorno. Sembra che Giorgio Bassani lo rimproverasse allora di scrivere male.
Sono gli anni in cui matura il sodalizio con Carlo Emilio Gadda, testimoniato dall’epistolario pubblicato da Adelphi. Per conto di Garzanti, diventa l’uomo di fiducia dell’autore del Pasticciaccio: tra i due c’è mezzo secolo di differenza. Gadda, raccontò una volta Citati, gli telefonava immancabilmente all’una e trenta, facendo freddare il pranzo in tavola. E’ soprattutto a questi anni che rimonta il Citati critico militante, attento ai libri in uscita, disposto anche alle stroncature. Certe posizioni non erano affatto scontate: Citati e Guglielmi sostenevano allora Gadda che però non piaceva ai vecchi critici.
Lasciata la critica militante, lo scrittore pubblica biografie di autori che corrispondono a vere e proprie canonizzazioni, costellazioni di divinità laiche. Ecco allora Goethe (Mondadori); Immagni di Alessandro Manzoni (Mondadori); Vita breve di Katherine Mansfield (Adelphi). E poi quelli che sono i suoi titoli più celebri: Tolstoj, con cui vince il Premio Strega nel 1984, Kafka e La colomba pugnalata. Proust e la “Recherche”, tutti oggi nel catalogo Adelphi. A Citati si deve anche il lavoro alla Fondazione Valla, di cui è stato presidente, che negli anni ha riproposto i grandi testi del mondo classico in edizioni filologicamente accuratissime. Perché il vero compito del critico e scrittore è stato quello di tenere viva la letteratura di tutti i tempi.