Quel 9 maggio 1978 che col ”metodo Paloscia” l’ANSA arrivò prima a Via Caetani dove era stato da poco ritrovato il corpo di Aldo Moro. Lo racconta Piero Trellini e oggi lo proponiamo per gentile concessione degli editori All Around e Mondadori per il volume dello stesso autore, ”R4. Da Billancourt a Via Caetani” (2023) in cui il brano compare. È ora un capitolo di ”Giornalismo e libertà di pensiero – Appunti sulla professione e sulla storia dell’informazione’, il libro a cura di Francesca e Marta Paloscia che uscirà in autunno da Editore All Around srl – Collana studi – fondazione sul giornalismo ‘Paolo Murialdi’ e che raccoglie anche una serie di appunti, dispense e articoli trovati nel cassetto della scrivania dello studio di Annibale Paloscia, capo redattore a Roma della cronaca dell’ANSA dal 1968 al 1989 e capo della redazione culturale dal 1990 per 5 anni. Scritte tra gli anni 70 e la fine degli anni 80, questo materiale era usato per i suoi corsi di giornalismo: malgrado il salto temporale è evidente l’attualità degli insegnamenti intorno ai quali ruota il perno del libro, il quarto potere va usato con coscienza e secondo regole precise, con la prudenza e la consapevolezza di cosa significhi nella società civile il potere di informare, di influenzare lo spirito pubblico, di determinare processi negativi o positivi nella formazione della coscienza politica dei cittadini. Un “manuale” utile e di grande interesse sia per i giornalisti, che per chi vuole avvicinarsi alla professione o voglia comprendere come si scrive su un giornale.
Nel libro è presente il contributo di Piero Trellini che ritrae il capocronista ANSA ai tempi del sequestro Moro con la descrizione del “Metodo Paloscia”, di cui qui anticipiamo un brano. L’introduzione è a cura di Stefano Polli, vicedirettore ANSA.
Questo il testo che proponiamo per gentile concessione degli editori: ”Era la mattina del 9 maggio 1978 e Annibale Paloscia, capo della cronaca romana dell’ANSA, si trovava in redazione. Aveva dislocato come sempre i cronisti nei punti chiave: la procura, la questura, i carabinieri, la prefettura. I capi di quelle strutture erano trincerati nei loro uffici, ma se fosse arrivata una notizia sulla sorte di Moro si sarebbero catapultati in strada per correre sulla scena finale del sequestro.
Paloscia aveva escogitato un suo metodo per capire cosa stesse accadendo quando si trovava in mancanza di informazioni: telefonava più volte, a intervalli regolari, direttamente ai responsabili dei vari uffici. Se li trovava sul posto significava che non era accaduto nulla e si tranquillizzava.
Altrimenti doveva muoversi. Quella mattina aveva fatto lo stesso con il capo della DIGOS Domenico Spinella, che non dava né conferme né smentite ma il fatto che lo trovasse al suo posto era chiaramente indicativo che le operazioni fossero andate a vuoto. (…) Paloscia aveva sul tavolo una radiolina che gli permetteva di sintonizzarsi sulle frequenze della sala operativa della polizia. E quando sulle onde corte sentì voci concitate menzionare un’auto in via Michelangelo Caetani telefonò subito in Procura ma non trovò più Spinella al suo posto. Era arrivato il momento.
Per non rischiare di rimanere imbottigliato nel traffico, Paloscia decise di correre a piedi il chilometro che lo separava dall’auto. Uscito di fretta dalla redazione dell’ANSA, si mosse verso destra fino a incrociare via del Corso. Giunto a via del Plebiscito, raggiunse prima piazza del Gesù, poi via delle Botteghe Oscure e da lì entrò in via Caetani.
Vide in fondo alla strada una Renault rossa isolata dai cordoni agitati di poliziotti e carabinieri. Un vigile urbano gli disse che nell’auto c’era un morto. Non seppe altro. Paloscia, allora, entrò in un ristorante e telefonò all’ANSA per dare la notizia.
13.59 – Un cadavere in una macchina è stato trovato in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure. Sul posto si sono recati il questore di Roma e il capo della DIGOS Spinella.
Al momento non si hanno altri particolari.
Paloscia tornò tra la folla, cercò di superare i cordoni per avvicinarsi alla Renault. A pochi metri da lui si stampò il volto grave di Spinella. (…) Gli fece un cenno interrogativo e il capo della DIGOS mosse in giù la testa due volte allargando le braccia in segno di sconforto. Paloscia, allora, si precipitò di nuovo nel ristorante e dettò all’ANSA il flash.
14.04 – L’on. Moro sarebbe la persona trovata morta all’angolo di via delle Botteghe Oscure con via Caetani. Lo ha riferito un funzionario della DIGOS.
Le forze dell’ordine coprivano l’auto e i giornalisti rimasti oltre il cordone non riuscivano a vedere bene. Fu lui a uccidere l’ultima speranza.
14.07 – Funzionari di polizia hanno confermato che l’uomo trovato morto nei pressi di via delle Botteghe Oscure è l’on.
Aldo Moro. Il corpo si trova in una R4 rossa in via Caetani. La strada è bloccata da agenti di polizia, che non fanno passare i giornalisti e neppure la folla che si sta radunando tra via delle Botteghe Oscure e piazza del Gesù.
Paloscia a quel punto salì sulla motocicletta di un fotoreporter e rientrò in via della Dataria. Da lì telefonò al centralino dei vigili del fuoco e si fece passare in ponte radio l’autoambulanza del comandante Elveno Pastorelli per chiedergli come fosse morto Moro. Dopodiché batté sulla telescrivente la notizia: 16.23 – L’on. Moro è stato ucciso con diversi colpi d’arma da fuoco. Sul petto ci sono i segni di non meno di quattro ferite.
Fra la camicia bianca e la giacca blu sono stati trovati fazzoletti intrisi di sangue all’altezza delle ferite. Nei risvolti dei pantaloni c’è una notevole quantità di sabbia.
In quel pugno definitivo di righe aveva piantato ciascun tassello del dramma. I colpi, i fazzoletti, il sangue, la sabbia. Tutto quello che per sempre avremmo saputo. E che lui raccontò per primo. Questione di intuito, audacia, prontezza e scrupolosità. Doti contenute in un metodo unico. Il suo”.