Con 443 voti di assoluzione, 126 di colpevolezza e 146 astenuti si è concluso il ‘processo’ storico a Cuore di Edmondo De Amicis, pubblicato dall’editore Treves nel 1886 e vero e proprio bestseller di fine Ottocento, al centro dell’appuntamento estivo promosso dall’associazione Sammauroindustria a Villa Torlonia di San Mauro Pascoli (Forlì-Cesena). Il verdetto del pubblico, palette alla mano, è stato ufficializzato dal presidente del Tribunale, Miro Gori.
A nulla è valsa l’arringa dell’accusa rappresentata da Roberto Balzani, storico dell’Università di Bologna. Per la difesa Giampaolo Borghello, già docente di letteratura italiana all’Università di Udine, ha raccontato quanto il libro abbia ufficializzato il ruolo della scuola, l’esaltazione del bene, della volontà e dell’altruismo.
“Non chiedo di bruciare Cuore come qualcuno della stampa nazionale ha insinuato – ha detto Balzani – perché per me i libri sono importanti, e questo lo è. Quello che accuso di Cuore è il fare ricorso al luogo comune, allo stereotipo, a un regionalismo preconcetto quando invece avrebbe avuto tutta la possibilità di attingere al principio di realtà”. Il riferimento è soprattutto al racconto Sangue Romagnolo che “descrive una Romagna del pugnale e del coltello tratta da un modello letterario risalente sin da Guicciardini”. Quindi, ha sottolineato, “chiedo la condanna di De Amicis non perché incapace di fare il romanzo sull’Unità d’Italia ad uso delle scuole, ma perché ha deliberatamente preferito edulcorare la realtà”.
Per Borghello “la scuola è un microcosmo, parte di un tutto sociale interessato dal soffio del Risorgimento. Il quadro è torinese ma diviene universale: nei personaggi (il primo della classe, il povero, il cattivo, il ricco snob, il testardo, il traffichino…) si sono felicemente riconosciuti i lettori di tante epoche e di tanti paesi”.