(di Micol Graziano) – ROMA, 24 APR – LUCA DONINELLI, ‘PANICO’ (EDITORIALE SCIENTIFICA, PP. 184, EURO 15) Il genere non-fiction ha sempre più seguaci sia tra i lettori che tra gli autori; esempi illustri sono quelli di Emmanuel Carrère, e dei premi Nobel Annie Ernaux e Svjatlana Aleksievič.
Nella categoria non-fiction rientra anche il nuovo atteso lavoro dello scrittore, drammaturgo e critico Luca Doninelli (1956) all’ANSA ha parlato di Panico, pubblicato da Editoriale Scientifica nella collana S-Confini, diretta da Fabrizio Coscia; una collana che vuole dare spazio a una scrittura fuori dagli schemi, non catalogabile nelle forme della narrativa tradizionale. Luca Doninelli, come definirebbe Panico? ‘Una serie di racconti con riflessioni. Sono vicende tratte dalla mia vita reale. Non invento pressoché nulla in questo libro. Provo anche a raccontare cos’è un attacco di panico a chi non lo ha mai avuto; non so bene perché succeda, però mi è accaduto e lo racconto: spiego come mi sentivo io quando avevo attacchi di panico. All’inizio ero titubante a scrivere di non-fiction, perché a me piace la fiction. Sono legato alle storie di balene bianche, ai viaggi all’inferno e al purgatorio. Poi mi è venuta la chiave: ovvero raccontare episodi che mi sono capitati e che ho pensato potessero essere interessanti. So che non-fiction è una parola che significa quasi niente, perché fiction e non-fiction sono due terreni che si compenetrano. Certamente la fiction vera e propria è qualcosa che oggi è diventata oggetto delle serie Netflix, di film Marvel, e queste cose qui’. Cos’è il panico per lei? ‘Il panico è quando uno si trova dentro un incubo sapendo però di essere sveglio’. Cosa le fa più paura? ‘Ognuno ha le sue paure. La paura fondamentale è la paura di non esistere più. Il terrore della pura inesistenza. Una delle mie più grandi paure fu quella di non riuscire a respirare’. Perché, secondo lei, un lettore dovrebbe leggere ‘Panico’? ‘Perché è un libro scritto con una certa umiltà, mi sembra di usare bene le mie doti di scrittore che sono quelle di una certa apparente semplicità. Perché racconto delle storie curiose. Perché nella prima parte spiego cos’è un attacco di panico, e cosa si prova durante un attacco di panico. Perché racconto cosa può succedere viaggiando in treno. Perché parlo delle avventure di uno studente fuori sede. Perché racconto cosa vuol dire essere papà di un figlio che è diventato a sua volta papà. Penso che questi possano essere racconti utili per chi legge. Credo di avere una scrittura non particolarmente pesante e quindi leggendo questo libro uno può anche un po’ divertirsi. E poi non lo so perché un lettore dovrebbe leggere il mio libro… Io credo di essere uno che scrive bene’. Tra gli aneddoti curiosi presenti tra le pagine di questo saggio-memoir, c’è quello dell’incontro tra Doninelli e l’artista tedesco Joseph Beuys; Doninelli si è imbattuto in Beuys per caso, viaggiando in treno. Luca Doninelli è allievo dello scrittore, giornalista e critico Giovanni Testori di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita.
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