(di Francesco De Filippo) MARCO PACINI, ZONA CRITICA (MELTEMI/ATLANTIDE, PP.165, EURO 15) Il giornalista e saggista Marco Pacini anche in questo libro fa pesare, in modo forte, la consapevolezza di essere alla vigilia di qualcosa di terribile.
Ne scaturisce in modo naturale la domanda se il genere umano ce la farà. Ma nessuno è in grado di dare una risposta. “Ci avviamo alla sesta estinzione di massa, provocata però dall’uomo” stavolta, è lapidario Pacini.
La Zona critica è un luogo geografico, la gola di Olduvai in Tanzania, dove cominciò l’evoluzione umana, ma è anche un luogo dell’immaginario, quello dove tutto cominciò e tutto potrebbe finire, e della mente, sociale: l’insieme delle “prossimità critiche” che costituiscono l’habitat di Homo sapiens e di altre specie della tarda modernità.
Di qualunque cosa si tratti, la Zona critica non è un ambiente da scherzare: “esplosione delle disuguaglianze, neocolonialismo, ecocidio, saccheggio dei vissuti individuali da parte di una manciata di compagnie private, alienazione tecno-indotta…”. Pacini, corroborando il suo studio con i contributi di una lista interminabile di pensatori, lancia l’allarme: c’è un solo modo per abitare la Zona critica, in con-dominio con tutte le altre specie viventi. L’uomo non possiede più il proprio destino, sostiene l’autore, e per restare nella Zona deve sbarazzarsi dell’umanesimo e vivere (forse per la prima volta) responsabilmente. Non si possono più tollerare ad esempio i disastri di Baotou (Mongolia) dove un enorme lago artificiale di fango nero tossico contiene oltre 180 milioni di tonnellate di polvere di scarto derivante dalla lavorazione dei minerali. Sono gli scarti di consumismo e inquinamento. Per non parlare del terrore che suscita l’IA.
I “Moderni”, come ci chiama Pacini, impegnati in una radicale metamorfosi tecnologica, sono “surriscaldati” dall’accelerazione cultural-cognitiva, e corrono sul filo dell’alienazione nell’angoscia dell’ imminenza di un disastro totale, terminal di un processo di autodistruzione già avviato e che corre, appunto, a velocità crescente. Non c’è isola, non c’è pianeta dove ripararsi nell’era del neuro-tecno-capitalismo, nemmeno i tycoon con i loro bunker antiatomici celati nella natura della Nuova Zelanda sono al sicuro. Questi Moderni non riescono nemmeno a immaginare, avere una visione, sono bloccati in un modello socio-economico che saltella di crisi in crisi senza mai trovare una soluzione duratura.
Zona critica affianca tantissimi pezzi di riflessioni, indicazioni, eventi e problemi fino a comporre una sorta di summa, di album del presente. Non riesce però a sviluppare una vera, completa ontologia del contemporaneo. Ma, d’altronde, con le premesse attuali chi ha in tasca la soluzione per salvare il pianeta e chi ci abita?