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Giuseppe Ungaretti muore a Milano nella notte dell’1 giugno 1970, è considerato uno dei grandi poeti contemporanei e il precursore dell’ermetismo consacrando il valore ideale della parola e del silenzio nella sua poesia, orientando la sua scrittura a penetrare la vita e il suo mistero in modo mistico.
Giuseppe Ungaretti nasce l’8 febbraio 1888 ad Alessandria d’Egitto da Antonio Ungaretti e Maria Lunardini, entrambi lucchesi. I suoi genitori si erano trasferiti per lavoro, dal momento che il padre lavorava alla costruzione del canale di Suez. Giuseppe avrà sempre un ricordo profondo del deserto che osservava nella sua città di infanzia. Resta orfano del padre che muore in un incidente di lavoro (1890). La madre fa di tutto per mandare avanti la famiglia e garantire al figlio una discreta educazione. Frequenta l’Ecole Suisse Jacot, ed è lì, tra i banchi di scuola, che scopre la passione per la letteratura.
Nel 1912, dopo cinque giorni passati sul ponte di una nave, arriva in Italia e, successivamente, si stabilisce in Francia, a Parigi, per studiare alla Sorbonne. Prende alloggio in un alberghetto, in rue Des Carmes, «appassito vicolo in discesa», insieme all’amico Mohammed Sceab, che morirà suicida. Parigi in quegli anni brulica di artisti da tutto il mondo: Ungaretti ha l’occasione di stringere amicizie importantissime, che lo legano all’avanguardia artistico-letteraria. Nomi famosi come: Apollinaire, Palazzeschi, Picasso, Modigliani, De Chirico.
Nel 1915, poco dopo aver pubblicato le sue prime poesie sulla rivista «Lacerba», si arruola volontario in fanteria per lo scoppio della Grande Guerra: comincia quella straordinaria e drammatica esperienza al fronte, circondato, asfissiato dalla morte. Combatte sul Carso e sul fronte francese. In trincea Ungaretti scrive «lettere piene d’amore»: le poesie che andranno a far parte della raccolta Il porto sepolto, pubblicata prima a Udine in pochissime copie, grazie all’amico Ettore Serra. Sono poesie fulminanti, rapide, concise, dove l’emozione che le sostiene cerca la costante complicità del lettore. Una seconda edizione è datata 1923, con l’introduzione nientedimeno che di Benito Mussolini.
Torna a Roma e su incarico del Ministero degli Esteri si dedica alla stesura del bollettino informativo quotidiano. Nel 1928 Ungaretti si converte al cattolicesimo a seguito di un tormentato percorso interiore. Nel 1930 muore la madre, cui dedica una poesia piena che esprime un dolore composto e la speranza di rivederla, un giorno. Nel 1931 pubblica l’Allegria che raccoglie le poesie delle prime due raccolte.
Intanto Ungaretti collabora alle riviste La Ronda, Tribuna, Commerce. La moglie Jeanne Dupoix nel frattempo insegna francese.
Con il premio del Gondoliere del 1932, assegnato a Venezia, la sua poesia ha il primo riconoscimento ufficiale.
Si aprono così le porte dei grandi editori.
Pubblica ad esempio con Vallecchi “Sentimento del Tempo” (con un saggio di Gargiulo) e dà alle stampe il volume “Quaderno di traduzioni” che comprende testi di Gòngora, Blake, Eliot, Rilke, Esenin.
Il PEN Club (associazione e organizzazione internazionale non governativa di scrittori) lo invita a tenere una serie di lezioni in Sud America. In Brasile gli viene assegnata la cattedra di Letteratura Italiana presso l’Università di San Paolo. Ungaretti mantiene questo ruolo fino al 1942.
Nel 1937 una prima tragedia familiare colpisce Ungaretti: muore il fratello Costantino. Per lui scrive le liriche “Se tu mio fratello” e “Tutto ho perduto”, apparse successivamente in francese in “Vie d’un homme”.
Da lì a poco, per un attacco di appendicite malcurato, muore in Brasile anche il figlio Antonietto, di soli nove anni.
Rientra in patria nel 1942 e viene nominato Accademico d’Italia; gli viene conferito un insegnamento universitario a Roma per “chiara fama”. Mondadori inizia la pubblicazione delle sue opere sotto il titolo generale “Vita d’un uomo“.
Gli viene consegnato da Alcide De Gasperi il premio Roma; escono il volume di prosa “Il povero nella città” e alcuni abbozzi di “La Terra Promessa”. La rivista Inventario pubblica il suo saggio “Ragioni di una poesia”.
E’ eletto presidente della Comunità europea degli scrittori e tiene, come visiting professor presso la Columbia University una serie di lezioni, stringendo fra l’altro amicizia con letterati e pittori beat del Village newyorkese.
In occasione degli ottant’anni (1968) riceve solenni onoranze da parte del governo italiano: a Palazzo Chigi è festeggiato dal presidente del Consiglio Aldo Moro, e da Montale e Quasimodo, con tanti amici attorno.
Escono due edizioni rare: “Dialogo”, libro accompagnato da una “combustione” di Burri, piccola raccolta di poesie d’amore e “Morte delle stagioni”, illustrata da Manzù, che raccoglie unite le stagioni della “Terra Promessa”, del “Taccuino del Vecchio” e gli ultimi versi fino al 1966.
Viaggia negli Stati Uniti, in Svezia, in Germania. Nel settembre esce il volume mondadoriano che comprende tutte le poesie, con note, saggi, apparati delle varianti, a cura di Leone Piccioni.
Nella notte tra il 31 dicembre 1969 e il giorno 1 gennaio 1970 scrive l’ultima poesia “L’impietrito e il velluto”.
Ungaretti torna negli Stati Uniti per ricevere un premio all’Università dell’Oklahoma.
A New York si ammala e viene ricoverato in clinica. Rientra in Italia e si stabilisce per curarsi a Salsomaggiore.