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Il 10 agosto 1877 nacque a Filettole(Prato) il drammaturgo, scrittore di copioni cinematografici, poeta e scrittore Sem Benelli. Fu uno dei protagonisti della cultura italiana dei primi decenni del ‘900.
Iniziò la sua attività di scrittore di teatro nel 1902 con il dramma Lassalle, a cui seguirono La terra (1903), Vita gaia (1904), La maschera di Bruto (1908), caratterizzate da imitazione dannunziana e incipiente crepuscolarismo, che non ebbero grande successo.
Solo con La cena delle beffe (1909), raggiunse un’immensa fama con rappresentazioni sui palcoscenici di tutta Italia e all’estero. Il dramma fu ridotto a opera lirica con musica di Umberto Giordano e la sua prima alla Scala di Milano nel dicembre 1924 godrà della direzione di Arturo Toscanini. Il nome di Benelli rimane definitivamente legato alla cupa vicenda di vendetta narrata in questo dramma, senza dubbio teatralmente efficace, ma senza grande originalità di stile.
Tra il 1909 e il 1910 visse principalmente tra Portovenere, Lerici e san Terenzio; lasciò una testimonianza poetica di questa permanenza con Notte sul golfo dei poeti che nel 1919 fu data alle stampe curata e prefata da Ettore Cozzani.
Tuttavia fin dal 1908 Benelli aveva scritto la sua opera più vitale e persuasiva, La Tignola, vicenda di tono decisamente crepuscolare, in cui un giovane, dopo una breve esperienza di ambienti raffinati e aristocratici, ritorna alla sua umile vita, accettandone pienamente la consuetudine e la normalità.
Le opere successive non giungeranno più alla validità della Tignola: L’amore dei tre re (1910), Il antellaccio (1911); Rosmunda (1911), La Gorgona (1913), Le nozze dei centauri (1915), non sono che sviluppi della formula fortunata de La cena delle beffe. Anche La Gorgona conobbe negli anni della seconda guerra mondiale una trasposizione cinematografica con protagonista Rossano Brazzi e regia di Guido Brignone.
Benelli fu un simbolista convinto che finì per trasmigrare nel futurismo e lavorò per acquisire una sua neutralità e quindi una sua netta personalità nel mondo della drammaturgia, nel quale si mosse con gran disinvoltura nonostante l’opposizione che il fascismo fece alle sue opere. Ad ogni rappresentazione, infatti, squadracce organizzate orchestravano nei teatri baldorie e base di grida e fischi. A Prato, alcune sue “prime” furono ripetutamente annullate dal Teatro Metastasio, per “ordini superiori”, a difesa dell’ordine pubblico. In realtà Benelli più che fascista fu mussoliniano. Ebbe per il duce simpatie che il duce non condivise e che per questo ne bocciò sempre l’ingresso fra gli Accademici d’Italia. Eppure il drammaturgo della notissima e seguitissima “Cena delle beffe” fu sempre accusato d’essere stato un buon fascista, tanto è vero che Carlo Levy, dopo la guerra, rifiutò di incontrarlo. Lasciò il partito dopo l’uccisione di Matteotti per ritirarsi a scrivere nel suo castello di Zoagli, che gli costò un occhio della testa, per il quale morì indebitato, ma che lo cullò nei momenti della sua solitudine. Il castello fu progettato da un architetto, Giuseppe Mancini, che abitualmente si occupava di scenografie teatrali, è posto a strapiombo sulla scogliera a mare. Benelli dovette poi venderlo nel 1943.
Morì a Zoagli il 18 dicembre 1949. Dopo la vendita del castello si era trasferito nell’adiacente “villetta” che avrebbe dovuto essere l’abitazione del giardiniere dove ancora oggi si può leggere la lapide con iscrizione dovuta a Salvator Gotta che recita:
QUI
DOVE VISSE SOGNÒ SCRISSE SOFFERSE SEM BENELLI
POETA DRAMMATURGO
PATRIOTA SOLDATO
SI SPENSE IL 18 DICEMBRE 1949
ZOAGLI
CHE DI SUA NATURAL BELLEZZA
ACCESE L’ALTO SPIRITO
QUI CON ESSO RIAFFERMA
L’AMOROSO POSTO DI FEDE
PER SEMPRE
SALVADOR GOTTA SCRIPSIT.
Fu sepolto a Zoagli, come lui stesso aveva indicato scrivendo:
“I Liguri sono bravi, perché sono tutti per loro e i loro propositi. Lascerò ai Liguri ogni cosa mia: questo scoglio è di loro; il mio museo; il mio scheletro. Li rispetteranno con poche parole, come rispettano quello che uno ha, basta che rispetti il loro”.
Il suo archivio di oltre 3000 volumi e numerosi manoscritti, già falcidiato però dalle vendite alle quali fu costretto dalle difficili condizioni economiche e dai sequestri e distruzioni seguenti alle perquisizioni tedesche, è conservato presso la Società Economica di Chiavari. Le sue spoglie rimasero a Zoagli un solo anno e furono trasferite nel 1950 a Prato, sua città natale.