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Il poeta William Ernest Henley nasce a Gloucester (Inghilterra) il giorno 23 agosto 1849, maggiore dei sei figli di William Henley, di professione libraio, e di Mary Morgan, discendente del critico e poeta Joseph Warton.
Nel 1874, a causa d’una malattia di natura tubercolotica, dové subire in un ospedale di Edimburgo l’amputazione d’un piede. Rimarrà 3 anni in ospedale. Per il tramite di L. Stephen, direttore del Cornhill Magazine a cui collaborava, Henley ricevette nell’ospedale la visita di R. L. Stevenson, con cui strinse viva amicizia, rinsaldata poi da collaborazioni letterarie. Nel 1875 esce dall’ospedale e si dedicò al giornalismo, del quale continuò ad occuparsi, più o meno, per tutta la vita.
Proprio nel 1875, mentre si trova in ospedale, scrive la sua poesia più celebre, “Invictus“, dedicata a Robert Thomas Hamilton Bruce (1846-1899) e resa ancor più celebre nel 2009, quando il regista Clint Eastwood gira l’omonimo film, in cui il presidente sudafricano Nelson Mandela (interpretato da Morgan Freeman) usa la poesia prima come ispirazione per alleviare gli anni della sua prigionia durante l’apartheid e poi per incoraggiare il capitano della squadra sudafricana di rugby François Pienaar (Matt Damon). La parola “Invictus” proviene dal latino e significa “invitto”, ossia “mai sconfitto”, oppure “non vinto”.
Poema INVICTUS
Dal profondo della notte che mi avvolge, Nera come un pozzo che va da un polo all’altro, Ringrazio gli dei qualunque essi siano Per la mia indomabile anima. Nella stretta morsa delle avversità Non mi sono tirato indietro né ho gridato. Sotto i colpi d’ascia della sorte Il mio capo è sanguinante, ma indomito. Oltre questo luogo di collera e lacrime Incombe solo l’orrore delle ombre. Mi trova, e mi troverà, senza paura. Non importa quanto stretto sia il passaggio, Quanto piena di castighi la vita, Io sono il padrone del mio destino: Io sono il capitano della mia anima.
Henley si sposa con Hannah Johnson Boyle il 22 Gennaio del 1878, quando lui ha 29 anni e lei 23. Dall’unione nasce una bambina, Margaret Emma Henley, che è a sua volta flagellata da problemi di salute e muore all’età di cinque anni, non prima di aver ispirato il personaggio di Wendy Darling nel capolavoro di James Matthew Barrie “Peter Pan”. Incapace di parlare chiaramente, la giovane Margaret chiamava il suo amico Barrie “fwendy-wendy”, dal quale viene appunto il nome “Wendy” per il personaggio femminile del libro.
Ma Barrie non è l’unico autore che immortala la famiglia Henley in un romanzo di grandissimo successo. Robert Louis Stevenson si ispira interamente a William per definire Long John Silver, il pirata cattivo senza una gamba del capolavoro “L’isola del Tesoro”, che Stevenson spiega in una lettera al suo amico:
“Ora farò una confessione: è stata la vista della tua forza mutilata e grande abilità che ha generato Long John Silver … l’idea dell’uomo mutilato, dominatore e temuto, viene completamente da te“. Il figliastro di Stevenson, Lloyd Osbourne, descrisse Henley come “... un individuo grande, luminoso, dalle spalle massicce con una grande barba rossa e una stampella; gioviale, sorprendentemente intelligente, e con una risata che si ascoltava come musica; aveva un fuoco e una vitalità inimmaginabili“.
Purtroppo l’amicizia con Stevenson termina dopo che il romanziere riceve una lettera di Henley con l’etichetta “Privato e riservato”, datata 9 marzo 1888. William accusa la nuova moglie di Stevenson, Fanny, di aver plagiato uno scritto di sua cugina Katherine de Mattos nella storia “The Nixie”. La missiva mette fine alla loro amicizia, anche se più avanti ripresero a scriversi dopo l’intervento di comuni amici.
La carriera di Henley, per un uomo nelle sue condizioni fisiche, è brillante e di altissima professionalità: arriva a diventare l’editore di pubblicazioni come “The London Magazine”, lo “Scots Observer” o il “National Observer”, e attore protagonista di alcuni dei progetti editoriali più importanti dell’Inghilterra Vittoriana.
E proprio alla fine di quell’epoca, che con le sue poesie, i suoi scritti e il suo lavoro editoriale ha contribuito a plasmare, finisce anche la vita di William Henley. Nel 1902 cade da una carrozza del treno, e l’incidente fa riesplodere la sua tubercolosi latente, che lo porta alla morte l’11 luglio del 1903, all’età di 53 anni. Le sue ceneri vengono sepolte accanto a quelle della figlia, nel cimitero di Cockayne Hatley nel Bedfordshire.