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Nato il 3 ottobre 1895 in Konstantinovo( Russia) proveniente da una famiglia di contadini abbienti, Esenin crebbe nella quiete della campagna, accanto ai suoi nonni, figure tradizionaliste. Questo mondo agricolo e arcaico, descritto con nostalgia, divenne il cuore pulsante della sua ispirazione e lo rese celebre.
Cominciò a scrivere poesie all’età di nove anni, rivelando un talento straordinario. Nel 1912, all’età di quattordici anni, si trasferì a Mosca e trovò lavoro come correttore di bozze in una casa editrice, cercando così di guadagnarsi da vivere.
L’anno successivo, si iscrisse come studente esterno all’Università statale di Mosca, dove studiò per un anno e mezzo. Le sue prime creazioni poetiche erano fortemente influenzate dal folklore russo, un richiamo alle radici della sua terra.
Nel 1915, si trasferì a San Pietroburgo, entrando in contatto con importanti poeti come Aleksandr Blok, Sergej Gorodeckij, Nikolaj Alekseevič Kljuev e Andrej Belyj.
A San Pietroburgo, Esenin divenne una figura celebre nei circoli letterari. In particolare, Aleksandr Blok fu di grande aiuto nelle prime fasi della carriera poetica di Esenin, aiutandolo a comprendere la forma poetica. Esenin disse che Belyj gli insegnò il significato della forma, mentre Blok e Kljuev gli trasmisero il lirismo, contribuendo così a plasmare il suo stile poetico.
Esenin è un esempio classico di uomo che ha costruito se stesso, utilizzando alternativamente il suo talento artistico e la sua notevole bellezza, doni che la sorte gli aveva generosamente concesso.
Negli ultimi decenni, l’opera di Esenin ha riscosso nuovamente un notevole successo di pubblico. In Italia, una sua poesia del 1920 intitolata “Confessione di un teppista” è diventata un popolare best-seller, nella traduzione di Renato Poggioli (Confessioni d’un malandrino), trasformandosi in una canzone musicata e cantata da Angelo Branduardi.
La notte del 27 dicembre 1925, in un albergo di San Pietroburgo, il poeta russo Sergej Esenin si tagliava le vene e col sangue appena sgorgato scriveva la sua ultima composizione.
È una poesia d’amore e d’addio per il poeta Anatoli Marienhof (o Anatolij Mariengof), che era stato suo amante (e per un certo tempo anche convivente) negli ultimi quattro anni della sua vita.
Quelle righe, l'”Addio a Marienhof“, sono spesso citate da chi parla di Esenin, ma sempre nascondendo il fatto che sono l’estremo saluto all’uomo amato:
Arrivederci, amico mio, arrivederci, tu sei nel mio cuore. Una predestinata separazione un futuro incontro promette. Arrivederci amico mio, senza strette di mano e parole, non rattristarti e niente malinconia sulle ciglia: morire in questa vita non è nuovo, ma più nuovo non è nemmeno vivere |
Quella notte, fosse questa l’ultima chance offertagli dal destino o fosse imperizia, il taglio delle vene non risultò fatale: Esenin sopravvisse. Come spesso avviene in questi casi egli fece allora un ultimo gesto di richiesta d’aiuto, cercando di farsi bloccare dagli altri prima di compiere il gesto irreparabile: la poesia scritta col sangue fu consegnata a un amico, Elrich, che però non ebbe il tempo per leggerla immediatamente.
Fu così che nessuno arrivò in tempo per fermarlo la notte successiva, quando nel medesimo albergo Esenin ripeté con successo il tentativo di suicidio, impiccandosi. Aveva appena trent’anni.