(di Micol Graziano) MARCO MALVALDI, DODICI. UN NUMERO CHE METTE D’ACCORDO (IL MULINO, PP. 184, EURO 14) Il nuovo libro di Marco Malvaldi è Dodici. Un numero che mette d’accordo, uscito per Il Mulino, nella collana Storie di numeri. Malvaldi, ospite stasera di Passaggi Festival a Fano, ha parlato in un’intervista all’ANSA anche dei Vecchietti del BarLume e della sua passione per il calcio.
Malvaldi, perché ha scritto un libro sul dodici? “Mi piace perché è il numero del portiere di riserva, che è il ruolo che mi sento addosso. E’ un numero molto versatile. Serve a un sacco di cose. I numeri servono. Mentre la matematica comanda”. Gioca a calcio? “Non gioco a calcio. Mi è stato chiarito abbastanza alla svelta che avevo due piedi sinistri e non erano quelli di Maradona (ride, ndr). Ci sono tante cose che non so fare e in cima alla classifica c’è giocare a pallone. Il calcio mi è sempre piaciuto, però quando ho tentato di giocare a pallone, da bambino, il mio ruolo naturale è diventato presto quello del portiere di riserva, cioè: stai lì, guarda la partita e non far danni (ride, ndr)”. E’ tifoso? “Sì, sono tifoso. Sto per il Torino. E’ una malattia rara (ride, ndr)”. Cosa significa che il dodici mette d’accordo? “Significa che è versatile. Parte dal modo di contare che avevano gli antichi Babilonesi. Contavano soldi, grano. Siamo abituati a pensare che sia ovvio contare in base dieci, perché abbiamo dieci dita. Ma se uno ha una mano sola, perché l’altra è impegnata a tenere un pollo o qualsiasi altra merce, che può fare? O conta fino a cinque oppure conta sulle falangi, con il pollice. Le falangi sono dodici. I Babilonesi contavano in base dodici, per le transazioni commerciali, è per questo che oggi tantissime cose si vendono a dozzine. Il dodici è più versatile del dieci che si può dividere solo per cinque e per due. Il dodici si può dividere per sei, per quattro, per tre e per due”. Quali fonti ha consultato durante la stesura? “Parecchie. Per esempio: Temperamento di Stuart Isacoff e La tribù del calcio di Desmond Morris”. Dodici è un libro per tutti? “Sì, ma non si aspettino di capirlo. Un libro a volte si può anche leggere non comprendendolo pienamente, però facendosi venire tante curiosità.
All’università ho letto un libro meraviglioso di Gerald Edelman, Darwinismo neurale, credo di aver capito solo l’introduzione. Ho letto poi altri cinque o sei capitoli, capendoci molto poco, però quel poco che avevo capito mi ha fatto venire delle curiosità immense che ancora oggi mi accompagnano. Definirei questo mio saggio, Dodici, un mistery”. Si diverte di più con i gialli o con i saggi? “Mi diverto di più a scrivere saggi. Il saggio mi dà modo di prendere un argomento che non conosco bene, di studiarlo tanto, e di spiegarlo, e scopro tante cose”. Cosa ha scoperto stavolta? “Per esempio, quante volte torna il dodici quando l’essere umano si deve mettere a combattere il maligno.
Si parte con i dodici apostoli. Ho scoperto inoltre che, secondo un antropologo inglese, Robin Dunbar, tutti noi abbiamo ‘un circolo della simpatia’, che è costituito da dodici persone la cui notizia di morte improvvisa ci lascerebbe sconvolti”. Che fine hanno fatto i Vecchietti del BarLume? “Non lo so, perché non vorrei fare l’errore di scrivere il famoso libro di troppo.
I Vecchietti hanno detto, più o meno, quello che dovevano dire.
Per il momento stanno in pensione, hanno quasi novant’anni”.
Pensa, invece, a una storia con protagonisti i nipoti o i figli dei Vecchietti? “No, queste cose americane no…(ride, ndr)”. I Vecchietti cosa direbbero di questo suo nuovo libro? “Direbbero che ne voglio fare troppe e che sarebbe il caso di darsi una regolata. Non lo leggerebbero assolutamente! (scherza, ndr)”.