MICHELA PONZANI, CARO PRESIDENTE TI SCRIVO (EINAUDI, PP. 176, EURO 17) In ‘Caro presidente, ti scrivo’ – saggio uscito per Einaudi nella collana Passaggi – Michela Ponzani, docente di Storia contemporanea all’Università di Tor Vergata, racconta cinquant’anni d’Italia attraverso le lettere conservate nell’Archivio storico del Quirinale. A firmarle sono donne, uomini e anche bambini, cittadini che si rivolgono al presidente della Repubblica “per cercare aiuto, per ritrovare un’identità smarrita o semplicemente per sentirsi meno soli”, spiega l’autrice nell’introduzione al volume. I mittenti sono “persone che perdono la casa a seguito di un terremoto o di calamità naturali, madri di ex terroristi fuggiti all’estero che chiedono la grazia, vittime del terrorismo che non hanno mai avuto giustizia. Donne coraggiose, che non consegnano la propria dignità all’omertà e alla morsa del degrado e che denunciano i loro aggressori. E ancora giovani costretti a fuggire all’estero per trovare lavoro, immigrati che arrivano in Italia carichi di speranza, genitori che rivendicano un futuro per i propri figli”, prosegue Ponzani. Le epistole sono migliaia e parlano di “paure, sogni e speranze; di rabbia o disperazione, di rimpianti e di una giustizia cercata invano”, aggiunge. Ce n’è una del 2001 di un bambino che si chiama Emilio: “Caro Presidente, ho sentito che mia mamma stava scrivendo e ho voluto aggiungere un piccolo foglio. Ero un bambino felice, ma circa tre anni fa ho conosciuto quanto è brutta la vita, senza la presenza di un padre. Fra poco sarà Natale, tutti i bambini sono felici, ma io no”. Un’altra è datata 2011, la scrive un ragazzo di nome Gregoris: “Egregio Presidente, le scrivo per una cosa molto importante per me. Io non possiedo la cittadinanza italiana.
Sono un ragazzo di 24 anni, sono venuto (o meglio la mia famiglia è venuta) in Italia ben quattordici anni fa dall’Albania per una vita migliore”. In un’altra lettera, che risale al giugno 1980, la dodicenne Rita racconta al presidente Pertini: “Non avevo compiuto 5 anni quando sono stata buttata fuori di casa assieme alla mia mamma da mio padre, uomo violento, perfido e bugiardo”.