OPERAZIONE GATTOPARDO DI ALBERTO ANILE, MARIA GABRIELLA GIANNICE (FELTRINELLI, PP. 368, 15,20 EURO) Un inedito scritto di Luchino Visconti a Palmiro Togliatti, una scena tagliata dopo le critiche di Leonardo Sciascia e un confronto con la sceneggiatura finora inedita di Ettore Giannini, scartata da Titanus a favore di quella di Visconti.
Sono alcuni ritrovamenti che arricchiscono la nuova edizione, sempre per i saggi di Feltrinelli, di Operazione Gattopardo, il libro di Alberto Anile e Maria Gabriella Giannice uscito nel 2013. Il libro analizza il capolavoro di Visconti ma soprattutto la storia legata al film, la trasformazione di un romanzo di ‘destra’ in un successo di ‘sinistra’. Un percorso che in anni più recenti è stato ricordato anche dal libro di Francesco Piccolo La bella confusione.
Il Gattopardo fu proiettato in anteprima la sera del 27 marzo 1963, al cinema Barberini di Roma, ed entrato dal giorno dopo in distribuzione in sala, era più lungo di circa 12 minuti rispetto all’edizione ufficiale, l’unica oggi in circolazione. La circostanza, rimasta ignota per mezzo secolo, riemerge in ‘Operazione Gattopardo’ dedicato alle lunghe, e in gran parte sconosciute, vicissitudini che portarono Visconti a tradurre in pellicola il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Fra le scene dimenticate c’erano gli incubi del principe, con un flashback in cui Don Fabrizio (Burt Lancaster) beveva champagne con una cocotte parigina, Tancredi (Alain Delon) che esortava don Calogero (Paolo Stoppa) a usare i militari contro i contadini, ancora don Calogero impegnato in una discussione sul Plebiscito per l’Unità d’Italia con alcuni mezzadri, e il colonnello Pallavicino (Ivo Garrani) che profetizzava l’arrivo di camicie nere, e poi di nuovo rosse. I tagli, ricostruiscono gli autori, vennero decisi per ragioni sia estetiche sia politiche. Alcune di quelle sequenze erano state bocciate dai critici, quella degli incubi del principe raccolse anche un duro intervento di Sciascia. Altre scene, come quella in cui Sedara discuteva con i contadini, rivelavano un po’ troppo chiaramente l’approccio ideologico di Visconti, in linea con le sue convinzioni di uomo di sinistra ma del tutto avulso dal contenuto del romanzo. L’obiettivo finale era molto pratico: approntare una versione più accattivante e politicamente meno controversa, che avesse le carte in regola per ottenere il massimo premio al festival di Cannes. Fu lo stesso Visconti ad apportare i tagli qualche settimana prima del festival. Pur di snellire un film notevolmente lungo, il regista tagliò anche il discorso di Pallavicino, andando contro il parere di Togliatti che gli aveva chiesto esplicitamente di non ridurre la sequenza del ballo. Il film ottenne la Palma d’Oro e da allora l’edizione approntata per Cannes diventò l’unica ufficiale.