Di sicuro amava i cavoli verdi e il pesce aromatizzato con salsa ‘scapece’ e probabilmente fu anche un salutista sostenitore di quello che oggi chiamiamo ‘digiuno intermittente’. Una cosa è certa: la cucina italiana ha origine dai piatti serviti alla tavola dell’imperatore Federico II di Svevia. Si presenta domani il volume ”Le origini della cucina italiana, da Federico II a oggi’, a cura di Paola Adamo, Valentina Della Corte, Francesca Marino ed Elisabetta Moro, una analisi storica, antropologica e gastronomica che individua una influenza alla base della tradizione nazionale oggi in corsa per divenire patrimonio immateriale Unesco. L’appuntamento è alle 11 nella Sala del Senato Accademico dell’Università Federico II (corso Umberto I, 40).
Partendo da indizi e suggestioni del ‘Liber de coquina’, celebre trattato di epoca medievale, nel volume sono raccolti contributi di Fulvio Delle Donne, Gianni Cicia, Massimo Ricciardi, Marino Niola, Luciano Pignataro, Raffaele Sacchi, Francesca Marino ed Elisabetta Moro, non mancani le ricette degli chef Corrado Assenza, Domenico Candela, Moreno Cedroni, Caterina Ceraudo, Enzo Coccia, Vitantonio Lombardo, Angelo Sabatelli, Mauro Uliassi, elaborate per gli 800 anni dell’Unievrsità laica più antica del mondo.
“L’imperatore era certamente attento alla dieta – spiega Delle Donne, professore di Letteratura medievale e umanistica UNIBAS – in perfetta linea con i precetti medici dell’epoca.
Secondo un cronista del tempo, il francescano Giovanni di Winterthur, fu solito digiunare e mangiare una sola volta al giorno, secondo una pratica in lui indotta non da ascetismo o da devozione religiosa, come sarebbe stato commendevole per la salvezza dell’anima, ma dal desiderio di conservare in salute il corpo. Di certo, Federico amò sulla sua tavola ampie varietà di cibi, dalle verdure, alla carne e al pesce, conditi con salse spesso agrodolci e speziate, compresa la askipecia”.
Per Francesca Marino, docente di Educazione alimentare e nutrizione “Il volume ci fa immaginare almeno in parte quelli che potrebbero essere stati gli stili alimentari dell’epoca tardo-medievale e ci racconta come questi erano in quel periodo positivamente influenzati dalla notevole disponibilità di ingredienti soprattutto nell’area euro mediterranea. Ci illustra inoltre come, in quel periodo, si sviluppa un nuovo approccio ‘edonistico’ alla preparazione dei cibi, che talvolta superava anche quello medico salutistico, naturalmente in un contesto storico in cui il movimento e l’esercizio fisico era una normale componente della quotidianità, anticipando alcuni dei principi della moderna dieta mediterranea”. Per i professori professori Gianni Cicia e Massimo Ricciardi “Dal Liber traspare con tutta evidenza come si sia potuta realizzare la transizione dalla cucina romana antica a quella medioevale e come la cultura gastronomica italiana si sia trasformata per la commistione dei costumi alimentari dei tempi di Roma con quelli delle popolazioni arabe, normanne, sveve, longobarde ed ebraiche”.