CECILE TLILI, UNA CENA TRANQUILLA (ELLIOT, PP. 144, EURO 17) Una cena tranquilla, esordio di Cécile Tlili, dopo il successo francese, arriva in Italia, per i tipi di Elliot, nella traduzione di Chetro De Carolis. Il libro è in via di traduzione in Germania e Olanda e si è aggiudicato il Prix Gisèle Halimi, riconoscimento per le opere sul tema della libertà delle donne.
Al centro del plot un banchetto serale che di tranquillo ha ben poco. Dietro luci soffuse e musica jazz, le tensioni serpeggiano latenti. La prima a sentirsi a disagio è la padrona di casa, l’insicura Claudia, “una ragazza insipida e goffa, una ragazza che non ha niente da dire”, “Claudia, la sbiadita” che “vorrebbe smorzarsi, scomparire”, una donna stretta tra due fuochi: “Vorrebbe rendersi invisibile, eppure ce l’ha a morte con tutti perché la rendono invisibile”. È in scena già nell’incipit e armeggia in una cucina carica di odori speziati, di curry, e scarti di pollo; ha la pelle arrossata, colpa dell’afa estiva e del calore dei fornelli: “Ha passato quasi tre ore a preparare quella cena. Ha sminuzzato le cipolle, il cui odore tenace le si è attaccato alle mani”, finito di spadellare va a farsi bella per gli ospiti, così come le suggerisce Étienne, il suo compagno, e allora Claudia “si trucca cercando di far sparire sotto al fondotinta le macchie porpora che continuano a espandersi sul viso”, “le sembra di sentire una traccia di curry sotto l’odore di verbena lasciato dalla saponetta”.
Étienne è invece un uomo spavaldo, “non appartiene alla categoria di persone che si lasciano andare ai rimpianti”, “è della casta di coloro a cui il mondo è dovuto”; si sente superiore a Claudia, è convinto di averla tirata fuori da “una vita mediocre”, “una quotidianità triste e solitaria” e “da una topaia sotto i tetti”. Sedersi attorno a un tavolo, insieme a un’altra coppia, scompiglierà le carte in un modo che né lui né lei avrebbero mai immaginato.